Il ciclismo è l’ultimo gioiello nella collezione sportiva dell’Arabia Saudita, poiché la monarchia conservatrice del Golfo e i suoi vicini investono enormemente nello sport per migliorare la loro immagine internazionale, in una chiara operazione di sportwashing.
Il Saudi Tour di questa settimana – al Ula – è la prima di tre gare ciclistiche nella penisola arabica in febbraio, con competizioni anche in Oman e negli Emirati Arabi Uniti. Tra i corridori ci sono il velocista olandese Dylan Groenewegen, vincitore di cinque tappe al Tour de France, e il veterano tedesco John Degenkolb, che ha conquistato titoli alla Parigi-Roubaix e alla Milano-Sanremo.
La corsa a tappe si sta svolgendo in una vasta regione dell’Arabia Saudita nordoccidentale delle dimensioni del Belgio che ospita siti archeologici e canyon elencati dall’UNESCO, ma ci sono pochi spettatori. Il lancio della competizione è stato caratterizzato da uno show di droni sfavillante, mentre i concorrenti alle tappe vengono premiati all’arrivo su podi eretti nel mezzo del deserto o in cima a massi sporgenti. Un percorso impegnativo che si snoda attraverso altipiani e i corridori combattono con venti violenti, una tempesta di sabbia e la minaccia di cammelli e asini che attraversano la strada.
Il tour ad Al-Ula si aggiunge alla ricerca a lungo termine dell’Arabia Saudita e dei suoi vicini del Golfo per esercitare un soft power, far dimenticare il ruolo infimo a cui sono ridotti i diritti umani in quelle petro-monarchie.
L’ingaggio miliardario del calciatore Cristiano Ronaldo dall’Al Nassr, l’acquisto del Newcastle nella Premier League, sono parte di una strategia che punta a ospitare la Coppa del Mondo tra due edizioni. Mercoledì scorso, l’Arabia Saudita è stata scelta come sede per la Coppa d’Asia 2027, aggiungendola a un portafoglio di eventi importanti tra cui i Giochi asiatici invernali del 2029 – che si terranno su neve artificiale – e i Giochi asiatici del 2034.
Con i 64 miliardi di dollari l’anno che il principe ereditario Mohammed Bin Salman ha deciso di investire nella promozione dello sport – o nello “sport washing” come denunciano i difensori dei diritti umani – il regno ha anche cercato di comprare la proprietà della Formula Uno.
Il ciclismo non fa eccezione alla tendenza. Tre delle 18 squadre dell’UCI World Tour hanno un paese del Golfo come sponsor principale. Includono il Team UAE del due volte campione del Tour de France Tadej Pogacar, il Team Bahrain Victorious e l’australiano Jayco, co-sponsorizzato da Al Ula per un importo di 7 milioni di dollari all’anno.