Abu Mazen, Barghouti e il “venerdì della rabbia”

Che venerdì dobbiamo aspettarci a Gerusalemme e in Cisgiordania? Per oggi Fatah, la principale componente dell’OLP ed espressione della dirigenza palestinese ha proclamato “un venerdì della rabbia” a sostegno dello sciopero della fame che quasi 1.300 detenuti palestinesi stanno portando avanti, guidati da Marwan Barghouti, il capo della milizia paramilitare Tanzim, in un carcere israeliano per scontare cinque ergastoli. Le richieste che sono alla base della protesta sono già state respinte dall’Israel Prison Service e lo sciopero al decimo giorno continua ma non ha intorno a sé nemmeno nel mondo palestinese quella solidarietà che in altre occasioni era stata espressa. Ecco i motivi del “venerdì della rabbia” e dell’assurdo invito dell’ala paramilitare Tanzim lanciato a ogni palestinese a scontrarsi ai checkpoint con polizia e esercito israeliani.

  Questo sciopero della fame appare come un disperato tentativo di Barghouti per riguadagnare posizioni dopo essere stato scartato da Fatah come vice leader a febbraio durante la convenzione del movimento di cui Abu Mazen è presidente. Il capo dell’Anp è fuori di sé per l’iniziativa di Barghouti. Il leader palestinese ha in agenda un incontro con Donald Trump alla Casa Bianca il 3 maggio. Gli sforzi diplomatici palestinesi per aprire la strada a questo colloquio certamente dai risvolti intriganti sono stati immensi. E l’ultima cosa che Abbas vuole è arrivare a Washington, mentre polizia di Israele e dimostranti palestinesi si scontrano ai posti di blocco, ma anche vedere gli attivisti del suo partito rovinare i suoi sforzi diplomatici.

   Grandi dimostrazioni di massa, nel “giorno della rabbia”, nonostante i continui appelli degli attivisti, sono improbabili, Ma non sono necessari decine o centinaia di migliaia di manifestanti per mandare la situazione fuori controllo in Terrasanta. Tutto ciò che serve sono un paio di palestinesi colpiti da proiettili israeliani a un checkpoint per innescare un fuoco divorante. 

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