Non è stato proprio un fulmine a ciel sereno l’inciampo del presidente americano Donald Trump sulle informazioni riservate riguardanti l’Isis raccontate al ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov, alla vigilia del suo delicato viaggio in Medio Oriente e in Europa. Nello Studio Ovale il presidente avrebbe rivelato alcune informazioni “sensibili” che la Cia ha ricevuto qualche settimana fa dal Mossad israeliano, che riguardano fra l’altro la possibilità di usare laptop e i-pad come involucro per introdurre una bomba su un aereo di linea. Di qui il bando su questi oggetti messo dagli Usa lo scorso mese per i voli provenienti da 10 destinazioni mediorientali. E’ vero che tutti i protagonisti hanno in qualche modo smentito questa ricostruzione e che i rispettivi governi hanno minimizzato l’accaduto ma il mondo dell’intelligence – specie quella israeliano – è in subbuglio. Si può condividere un’informazione con un alleato strategico – come sono Israele e Stati Uniti – ma passare documenti sensibili a una “terza parte” come la Russia (alleata di Siria e Iran) ha molte implicazioni. L’alleanza non è a rischio ma stamane ben due Ramsad sono intervenuti pubblicamente sulla vicenda. Che due ex capi del Mossad affidino le loro opinioni a un giornale è cosa piuttosto inusuale, anche in Israele. Entrambi, il generale Danny Yatom (nella foto) e Shabtay Shavit, sostengono che l’alleanza con Washington non è certamente a rischio ma il Mossad “adesso ci penserà due volte prima di condividere informazioni sensibili con gli Usa”, e dovrà certamente riconsiderare “il livello della condivisione dei dati sensibili”.
E’ di stamane la rivelazione di Al Jazeera che indica nel “Dairat al-Mukhabarat al-Ammah” (Dipartimento Generale delle Informazioni), lo spionaggio della Giordania, come fonte di queste informazioni, arrivate al Mossad nel quadro della collaborazione anti-Isis, poi “girate” agli alleati americani e finite nel briefing quotidiano che la Cia fornisce al presidente.
Qualunque sia stata l’origine di queste informazioni, l’unica cosa certa è che la Fonte, l’infiltrato negli alti ranghi dell’Isis a Raqqa, adesso non solo è bruciata e ma dovrà anche essere esfiltrata da quel territorio molto rapidamente.
Difficile non essere d’accordo con il commento del “New York Times” di oggi: “Trump è il presidente e ha il diritto legale di spifferare informazioni classificate, ma la sua ignoranza, vanità e stoltezza possono mettere in pericolo la nazione”, e forse non solo questa.
